Oltre la polemica

Cefalù “muore” d’inverno? Dibattito aperto fotogallery

Ne parlano operatori del settore turistico, residenti, amministratori… Un dialogo vero tra le parti coinvolte è quanto mai necessario

Cefalù centro

Cefalù. Cefalù “muore”  ciclicamente tra novembre e marzo, i cosiddetti mesi bui della città normanna. “A Cefalù – denuncia in un post molto commentato su Facebook la guida turistica Daniela Amendola – quasi tutti i locali di ristorazione sono chiusi a gennaio, mai che si turnassero. Eppure, Cefalù ha 14000 abitanti che, in estate (da marzo a novembre), devono farsi da parte per far spazio ai turisti e che, a gennaio e a febbraio, devono necessariamente entrare in letargo”.

E prosegue con un monito: “Rendete pure la vita impossibile ai suoi abitanti, ma sappiate, cari operatori del settore, che, senza essi, Cefalù perderebbe buona parte del suo fascino.”

La calca d’estate, il deserto a gennaio, insomma. Così tanti cefaludesi sotto il post hanno espresso sconforto e amarezza nei confronti di questa situazione, condividendo le parole della guida. Per alcuni la responsabilità è l’assenza di coordinamento tra le parti coinvolte, altri invocano un’alternanza delle chiusure, molti raccontano del disagio provato nel non saper indicare un buon ristorante a un turista (perché qualche turista c’è anche fuori stagione).

Mentre lo stesso presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, nei giorni scorsi ad Agrigento ha dichiarato chiaro e tondo che “la Regione punta alla destagionalizzazione, ma gli operatori turistici devono realizzare pacchetti invernali”, tra i cefaludesi, Salvo, (che insieme ad altri abbiamo sentito per tastare il terreno dei residenti più giovani) crede che la soluzione sia lasciare aperte le attività durante il periodo invernale, senza dover andare fuori città per qualsivoglia servizio. Ma è davvero una soluzione praticabile?

Per cercare di capirlo abbiamo deciso di condurre una serie di interviste coinvolgendo diverse voci sul tema: due ristoratori cefaludesi (Giuseppe Provenza de “La Galleria” e Salvo Taibi di “Da Sasà”), un imprenditore turistico del territorio (Massimo Provenza di “Emmavillas”) e infine il vicesindaco di Cefalù Rosario Lapunzina, che ha la delega al turismo.

A tutti abbiamo chiesto inizialmente un parere sulla destagionalizzazione a Cefalù, addentrandoci poi sulle possibili soluzioni da attuare, magari in sinergia.

La destagionalizzazione è difatti un tema complesso e non può essere trattato in maniera semplicistica, come testimoniano le diverse risposte agli stessi stimoli.

Da imprenditore nel campo della ristorazione e come presidente dell’associazione dei ristoratori di Cefalù, Giuseppe Provenza è certo che la destagionalizzazione aiuterebbe il territorio, ma ammette anche l’esistenza dell’abuso del termine: “Molte strutture ricettive sono grandi, pensate per un turismo di massa che non può essere destagionalizzato”.

Il suo ristorante “La Galleria” rimane sempre aperto, ma lui dice di comprendere le ragioni della categoria. Allo stesso tempo, crede che Cefalù debba puntare più sul turismo legato al territorio in bassa stagione, vista la strategicità che possiede nel territorio delle Madonie. Inoltre, insiste sulla “necessità di stringere un legame sempre più forte con il capoluogo di regione per i diversi eventi che si svolgono sul territorio”.

Salvo Taibi, che gestisce il ristorante-pizzeria “Da Sasà”, ci parla subito apertamente: “In inverno si rimane aperti per i clienti fissi e la gloria, perché già da novembre i costi non sono più sostenibili. Molti cefaludesi si lamentano dei locali chiusi, ma non vanno a Cefalù a mangiare nei locali aperti che ci sono”. In poche parole per Taibi a nessuno davvero interessa della destagionalizzazione, almeno non fino ad adesso. Infatti, a suo avviso i collegamenti verso l’isola rimangono pochi e la maggior parte delle strutture ricettive sono troppo grandi per essere gestibili in bassa stagione: “La soluzione possibile è quella di ritardare la chiusura e anticipare l’apertura della stagione turistica di circa due settimane, ma i margini non sono molti”.

Massimo Provenza, che da anni ha avviato nel territorio un sistema di gestione della proprietà immobiliare di livello internazionale, si dimostra subito molto critico sul tema: “Di destagionalizzazione si parla dall’inizio degli anni Duemila e riguarda quasi tutte le località turistiche, ma è un problema quasi inevitabile”.

Però cerca di fornire degli spunti di lavoro utili a cambiare le sorti del territorio in bassa stagione: propone un turismo congressuale e legato ad eventi di respiro internazionale; poi, spera nella creazione di un Tavolo di concertazione sulle Madonie, utile a stilare un programma di destagionalizzazione organico e sostenibile del territorio.

Inoltre suggerisce che parte dei proventi della tassa di soggiorno venga investita nell’istituzione di un Tavolo tecnico turistico, che sia apolitico e finalizzato alla ricerca di flussi turistici con l’aiuto di professionisti del settore, in modo da creare le condizioni di destagionalizzazione tramite un’offerta turistica importante.

Scettico su possibili cambiamenti è il vicesindaco e assessore Rosario Lapunzina: “Il problema della destagionalizzazione è sistemico: l’unica soluzione è una ridistribuzione dei flussi turistici in modo da non fare concentrare tutto il turismo in estate. Quindi, le strategie d’azione vanno condivise da tutti, soprattutto con l’aiuto della Regione, che è essenziale in questo processo. Maggiori collegamenti e maggiore attrattività dipendono anche da questo, non servono molto le iniziative locali che pure proponiamo, perché senza collegamenti e senza pacchetti turistici che coinvolgono le attività extra alberghiere è arduo migliorare la situazione”.

Per quanto riguarda i ristoranti chiusi, così chiosa: “Quello dei ristoratori è un problema diverso, lì c’entra la sostenibilità economica e in certi casi chiudere è inevitabile, mentre la destagionalizzazione è un tema che tocca politiche turistiche che vanno al di là delle scelte imprenditoriali”.

Alla luce di quanto emerso, la speranza  è che la complessità dell’argomento non sia preambolo di una stagnazione perpetua.

Un dialogo vero tra le parti coinvolte è possibile e quanto mai necessario: c’è in gioco il futuro turistico di Cefalù, il tipo di turismo che Cefalù e le Madonie vogliono presentare al mondo.

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