Area miccichè

Quell’enorme palazzo incompiuto che deturpa Cefalù da 42 anni fotogallery video

Brutto e anche pericoloso. L’assessore Culotta: “Costoso procedere all’esproprio per abbatterlo”. Ma mitigarne l’impatto con strutture che lo nascondano?

area Miccichè

Cefalù. È sotto gli occhi di chiunque viva e giunga a Cefalù il palazzo di sette piani incompiuto, con relativa area battuta circostante, meglio conosciuto come area Miccichè, dal nome dei proprietari che ne hanno voluto la costruzione. Un vero e proprio ecomostro che deturpa e offre un pessimo biglietto da visita per Cefalù, proprio tra l’ingresso al centro storico e la città contemporanea che si è sviluppata a partire dalla
fine dell’800.

L’area Miccichè è stata argomento di tutte le campagne elettorali dei candidati sindaci a Cefalù che si sono succedute a partire dall’interruzione dei lavori, sino ad oggi, ma nessuno, finora, è riuscito a trovare, e soprattutto attuare una soluzione.

Storia dell’area Miccichè

Era il 1982 quando i proprietari del terreno, i quattro fratelli Miccichè, commissionarono agli architetti associati Culotta e Leone, che in precedenza avevano già realizzato i due grandi complessi residenziali del palazzo giallo (1978) e dell’egv center (1979), la progettazione di un edificio che, in relazione ai due precedenti avrebbe dovuto completare la linea compositiva e urbanistica avanzata dai due progettisti, ovvero la costruzione di un isolato per scopo imprenditoriale da destinare a residenze, uffici e negozi, e al contempo creare uno spazio di connessione urbana. L’obiettivo alla base dei tre complessi era stabilire la comunicazione tra spazi privati e pubblici. Diverse vicissitudini economiche però hanno impedito il completamento dell’opera urbanistica.

 

area Miccichè

 

In precedenza, tra gli anni ’50 e ’80, tutta l’area Miccichè era occupata da capannoni industriali di proprietà degli stessi fratelli, che erano artigiani e commercianti di legno e materiale edile, decisero poi di fare il salto di qualità, essendo imprenditori, e di investire, considerando l’importanza strategica di quel terreno.

Il progetto però oggi ha lasciato un vuoto non colmato.

A tal proposito parla l’assessore all’edilizia e all’urbanistica Tania Culotta: “Abbiamo individuato, nel piano regolatore, un importante indirizzo, perché tutto l’isolato è stato etichettato come Ati6, cioè come una risorsa di interesse strategico per lo sviluppo urbano da sottoporre a progettazione unitaria.”

L’assessore continua “Questa zona è stata oggetto del desiderio di tutte le amministrazioni, però non si è mai potuti intervenire concretamente, perché di fatto sia l’area sia
quel che rimane della struttura sono pur sempre di proprietà privata. Si potrebbe procedere con
espropri per pubblica utilità, ma tutto questo avrebbe un grandissimo onere economico per le
casse comunali, spese che nessuno fino ad oggi ha potuto sostenere. Perché non ci troviamo di fronte una costruzione abusiva, ma di un’opera incompiuta, oggi ridotta a rudere”.

 

area Miccichè

 

Eppure si potrebbe quantomeno nel frattempo coprire tale bruttura con quelle installazioni che vengono utilizzate sempre più spesso quando i palazzi sono in ristrutturazione, strutture che a volte sono grandi cartelloni colorati e/o pubblicitari. A volte anche disegni grafici piacevoli a vedersi.

Va detto che i tre complessi progettati da Culotta e Leone sono tutt’ora studiati nelle scuole di architettura come esempi di nuova visione dell’edilizia privata rispetto allo spazio pubblico che essi stessi generano.

Lo spazio di connessione è stato generato da volumi che non avevano affacci sulle strade
principali, per dare lo stesso valore di mercato agli ambienti, che si esponevano sulle rispettive
piazze, omologando tutti i negozi e le abitazioni presenti.

Un caso studio sull’area Miccichè è quello iniziato, ma non ancora presentato, dalla professoressa Maria Luisa Germanà del Darch  di Palermo, che insieme agli studenti del corso di progettazione ambientale, approfondisce il tema del non finito all’interno delle città.

Rischi e pericoli

La struttura è stata realizzata in cemento armato, materiale altamente deteriorabile, che da 42 anni è sottoposto a piogge e intemperie, è quindi molto pericoloso perché è soggetto a crolli, mentre il ferro arrugginendosi e gonfiandosi può spaccare i pilastri.

Nonostante l’accesso alla zona non sia consentito, in quanto il perimetro è delimitato da una staccionata, un po’ malandata, dal lato della ss113, e da una rete metallica, facilmente
scavalcabile, dal lato che si affaccia sul palazzo giallo, negli anni quest’area è sempre stata meta
di visita da parte di ragazzi e adolescenti curiosi, che rischiano di farsi male.

Alcuni, tra l’altro, recentemente pubblicano anche video sui social network, come la pagina Instagram “ExploraCrew”, in cui viene mostrato anche l’interno del palazzo, con la discarica a cielo aperto che quest’area è diventata.

Abbiamo cercato di parlare con gli eredi dei fratelli Miccichè, che però non si sono resi reperibili per un confronto a riguardo, ma non precludiamo la possibilità per un futuro dibattito.

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