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Forza Italia: Sicilia spia delle tensioni. E Tajani stoppa il caso Tamajo

Sicilia e Sud, croce e delizia di un leader che pensa di aver resuscitato Forza Italia ma adesso quel boccone fa gola a tanti altri

Schifani Tajani

Un’analisi dei rapporti dentro Forza Italia, con le tensioni tra Antonio Tajani e i leader siciliani e calabresi: la propone Gabriella Cerami su Repubblica

Eccola.

Antonio Tajani non è un tipo facilmente irritabile, ma questa volta, davanti ai problemi di Forza Italia che lo assediano e alle fragilità che attraversano il corpo del partito su e giù lungo il territorio, è dovuto intervenire con molta nettezza. Quindi il segretario ha preso il telefono in mano e ha chiamato Giacomo Caliendo, uno dei probiviri, per fermare le sospensioni di Edy Tamajo e Ottavio Zacco, portatori di voti in Sicilia, bottini elettorali a cui il segretario non può certo rinunciare né può permettersi una frana siciliana.

Ci sono infatti due regioni forti, nel senso di super azzurre. Ma il problema è che sono poco “tajanee”. In Calabria Forza Italia ha ottenuto il 18% alle ultime europee e in Sicilia ha sfiorato il 24%.

Sono i potentati locali, leggi il calabrese Roberto Occhiuto, presidente regionale, e il suo collega Renato Schifani oltre lo Stretto molto aiutato dai notabili delle contrade isolane, i titolari dei consensi forzisti. Stesso discorso vale per Fulvio Martusciello in Campania anche se qui Forza Italia ha “solo” l’11%, che è pur sempre una percentuale al di sopra della media nazionale. In particolare se si considera che nel Lazio, regione di Tajani, FI si è fermata al 4%.

La questione legata a Tajani è sempre più avvertita nel centrodestra, specialmente dai suoi avversari esterni, come Matteo Salvini, ma anche interni come l’ala Mulè-Ronzulli che al Congresso non ha dato battaglia ma non può dirsi allineata e coperta rispetto all’attuale leadership.

La Sicilia, come spesso avviene, è la spia delle tensioni politiche in corso, delle tendenze che potrebbero diventare nazionali, dei problemi che riguardano i partiti sul territorio ma che potrebbero estendersi anche nel resto del paesaggio italiano.

Ed è nell’isola che stava per succedere il collasso, che ha costretto Tajani, come si è detto, a fermare tutto. I probiviri di Forza Italia avevano deciso di sospendere Edy Tamajo e Ottavio Zacco dal partito per aver apostrofato proprio Giorgio Mulè, che con Tajani non si può dire che vada a nozze, con l’epiteto di “cameriere”, pur non citandolo mai, in un comizio rilanciato sui social lo scorso 7 maggio. Ma Tamajo è campione di voti con le sue 122mila preferenze incassate alle ultime Europee.

Le parole di Schifani sulla vicenda sono quanto mai esaustive: “Tutta Forza Italia siciliana è fiduciosa e vicina a Tamajo e Zacco, che incarnano pienamente i valori del nostro partito e che in più occasioni hanno avuto modo di dare un contributo proficuo e sentito a tutta Forza Italia”. Tradotto significa voti.

E, cifre alla mano, è partito in pressing in direzione Roma. Una crisi nel partito siciliano, una guerra Palermo contro la Capitale significa, per Tajani, perdere una delle poche certezze che ha e che deve difendere, soprattutto in un momento in cui il voto delle europee e i sondaggi danno il partito in risalita ma attriti interni e soprattutto la presenza della famiglia Berlusconi sempre più pungolo nei confronti del segretario che, a parer loro, deve pensare di più ai diritti affinché FI “torni ad essere il riferimento per i moderati” cambiando anche classe dirigente.

Una strigliata che ha richiesto un chiarimento ad Arcore, dove in stile molto berlusconiano, nel senso di papà Silvio, si aspira ad avere un partito molto più smart, più incisivo, più dinamico di quello costituito da Tajani e soprattutto meno ancorato ai signori delle tessere meridionali. Per questo il segretario considera Letizia Moratti, l’ex sindaca milanese forte di risorse finanziarie in proprio, una risorsa ma anche un’insidia.

Un Tajani dal doppio volto. Nel momento in cui è assediato da tutti questi problemi è anche rincorso – e questo per lui è positivo – dagli ex alfieri del Centro che, nel naufragio del progetto di Calenda e Renzi, guardano con interesse a Forza Italia come scialuppa di salvataggio.

E se Enrico Costa di Azione è ormai considerato un azzurro di ritorno, e Maria Stella Gelmini ha chance di rientrare nella casa madre, è molto più difficile il tragitto di ritorno di Mara Carfagna anche perché non è voluta dai notabili campani e non è mai stata in particolari rapporti di sintonia con Tajani. Sui territori lo smottamento dei centristi verso il partito azzurro riguarda sia il nord sia il sud.

Il sud appunto croce e delizia di un leader che pensa di aver resuscitato Forza Italia ma adesso quel boccone fa gola a tanti altri. E la battaglia del vice segretario Occhiuto contro alcuni aspetti della riforma dell’Autonomia, su cui Tajani è molto titubante per non rompere gli equilibri con Meloni e Salvini, è un movimentismo che al leader azzurro dà molto fastidio. E non c’è solo questo a preoccuparlo.