Campofelice di roccella

Giornata per ricordare Mario Cirincione, morto sul lavoro, e per chiedere giustizia

Continua a rimanere aperta la ferita per la mancanza di giustizia: da febbraio non ci sono ancora notizie rispetto alle indagini per l'accertamento delle cause della morte e delle responsabilità

Mario Cirincione manifestazione

Campofelice di Roccella. “Si lavora per vivere, non per morire. Vogliamo giustizia #bastamortisullavoro”. Così recita lo striscione che campeggia alla manifestazione per ricordare Mario Cirincione, l’operaio edile morto sei mesi fa durante la ristrutturazione di un fabbricato in un cantiere di via Madonnina di Gibilmanna, in contrada Gorgo Lungo, al confine tra Campofelice e Lascari.

C’è tristezza ma anche rabbia tra i partecipanti, lunedì: la moglie della vittima morta sul colpo, Giusi Vono con i due figli, i colleghi di lavoro, tanti giovani di associazioni del territorio e il sindaco di Campofelice Giuseppe Di Maggio.

E il segretario generale della Fillea Cgil Palermo Piero Ceraulo che ha organizzato la giornata coi familiari, per non far scemare l’attenzione su questa e altre tragedie: “Non vogliamo che vengano dimenticate – ha dichiarato interpretando il bisogno di verità della famiglia che ha denunciato i ritardi nell’inchiesta, che ancora non ha accertato le responsabilità sull’incidente -. Il cantiere non era stato nemmeno denunciato all’ufficio tecnico del Comune quindi era chiaramente irregolare. Si stava costruendo un fabbricato e risistemando un rudere accanto. Durante le fasi di ristrutturazione, uno dei muri del rudere è crollato addosso all’operaio, uccidendolo. Rimane aperta la ferita della perdita di un proprio caro, che la mattina è andato a lavorare e non è più tornato, e continua a rimanere aperta la ferita per la mancanza di giustizia: da febbraio non ci sono ancora notizie rispetto alle indagini per l’accertamento delle cause della morte e delle responsabilità”.

La proposta della Fillea è di estendere la Rognoni La Torre, la legge per i sequestri dei patrimoni mafiosi, anche nei casi di morti sul lavoro. Il reato di morte sul lavoro deve essere equiparato al reato di associazione mafiosa, con il conseguente sequestro dei patrimoni: “Chiediamo che dove non si rispettano le regole e dove venga riconosciuta la responsabilità di morte sul lavoro, vengano sequestrati i patrimoni sia personali che aziendali”.

Per l’occasione, la Fillea ha nuovamente condiviso con l’amministrazione comunale la volontà di sottoscrivere un protocollo su salute e sicurezza nei cantieri edili, con il coinvolgimento del Comune e anche dei lavoratori per la sicurezza dell’associazione Rlst Palermo.