Uomini di scienza e di cultura, esperti e operatori delle aree naturali protette, dirigenti pubblici, giuristi, imprenditori, naturalisti, ex direttori di parchi e componenti di comitati scientifici hanno sottoscritto un appello: “Salviamo la Mufara, cuore verde del Parco delle Madonie”. Una decisa presa di posizione “contro la realizzazione di un osservatorio astronomico in Zona di protezione integrale del Parco delle Madonie, area sottoposta a plurimi regimi di vincolo”. Lo annunciano le associazioni ambientaliste Cai, Gre, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Rangers d’Italia e Wwf.
Le associazioni ricordano che il progetto dell’osservatorio su Monte Mufara, “di dimensioni smisurate e altamente invasivo, è privo di alcune autorizzazioni fondamentali (come quella paesaggistica negata dal 2022 dalla Soprintendenza ai beni culturali e ambientali di Palermo) e lo si vorrebbe realizzare in deroga ai vincoli di tutela sulla base di una norma fortemente viziata e del mancato rispetto dell’articolo 9 della Costituzione”.
“A fine agosto – spiegano gli ambientalisti – erano iniziati i lavori in modo improvvido e a seguito di un ricorso, la prima sezione del Tar Sicilia Palermo, con decreto presidenziale del 4 settembre, ha disposto l’immediata sospensione dei lavori. Nei giorni scorsi strumentalmente c’è chi ha voluto contrapporre la conservazione della natura alla ricerca astronomica, dimenticando due cose importanti: il contenzioso in atto riguarda la costruzione dell’osservatorio, e quindi di un’opera edilizia, e non il telescopio Flyeye che è stato già costruito ed è già collocato presso la sede dell’Agenzia spaziale europea di Matera; l’osservatorio è una costruzione civile che prevede opere accessorie non direttamente connesse con la ricerca scientifica (cucine, bagni, parcheggi, depositi, strade di accesso, ecc.) e che ben possono essere delocalizzate o progettate in modo meno invasivo”.
Monte Mufara è inserito nel Parco delle Madonie ma anche nel Geopark Unesco. Gli ambientalisti hanno creato una pagina social “per fare corretta informazione”. La si trova qui.
I primi firmatari
L’appello diffuso è aperto a ulteriori sottoscrizioni.
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